Il ritiro sociale negli adolescenti e la vergogna
Il ritiro sociale segnale in modo clamoroso il diffondersi di una nuova forma di sofferenza adolescenziale, che rientra in quelle che noi definiamo “patologie della vergogna” (che hanno sovrastato le “patologie della colpa”, in voga qualche decennio fa).
Sembra che le nuove generazioni soffrano di un conflitto interno tra Io e Ideale dell’Io: una forza che spinge a soffrire a seguito del confronto tra istanze ideali molto elevate e la realtà di chi si è davvero e al conflitto psichico determinato dalla frattura tra attese ideali infantili di bellezza, riuscita e successo e la capacità di realizzarle in adolescenza, a partire dal corpo che madre natura ha scelto per noi.
La vergogna è un sentimento terribile e pervasivo, che spinge già da bambini a nascondersi e che porta con sé il desiderio da sparire dalla scena.
La vergogna attecchisce in un’ area della mente da cui è difficile estirparla e i ritirati sociali scelgono la strada dell’autoreclusione volontaria, segnalando con il loro dolore qualcosa che ha a che fare con una sofferenza epocale. Il ritiro sociale è una dolorosissima nuova forma di protesta generazionale. Rappresenta una forma di sofferenza che segnala l’impossibilità di stare con gli altri nella scuola e nella società permeate dalla competizione e dalla ricerca del successo personale a tutti i costi, dalla bellezza estetica e dal narcisismo imperante.
Il giovane ritirato socialmente segnala un dolore generazionale e un tentativo di risolverlo, anche utilizzando uno degli strumenti più potenti e pervasivi della nostra società. Nessuno può dire se il fenomeno del ritiro sociale tra gli adolescenti e i giovani adulti si sarebbe palesato in forme così drammatiche e diffuse in una società senza internet, ma quello che abbiamo capito è che Non è Internet a risucchiare l’adolescente in casa, a distoglierlo dalla vita quotidiana, a renderlo dipendente e a rinunciare a una qualità della vita scolastica e sociale.
È il crollo dell’ideale infantile alle prese con l’adolescente, la difficoltà a mentalizzare, la percezione dell’insuccesso sociale e scolastico, ad avviare il progressivo processo di ritiro da scuola e dallo spazio aperto. Per questi motivi, noi psicoterapeuti dobbiamo con i tempi e i modi consentiti dal nostro interlocutore, addentrarci nel suo bunker psichico, aiutandolo a descrivere quanto avviene nella vita virtuale, inoltrandoci empaticamente e con curiosità nelle opzioni virtuali da lui percorse. Tramite le scelte effettuate in internet, l’adolescente parla di sé, i dolorosi sentimenti sperimentati e le creative soluzioni adottate, in ogni caso occorre instaurare una forte alleanza.